giovedì 25 aprile 2013

I no che aiutano a (de)crescere

Più passa il tempo, più leggo,  più faccio esperienze e più mi convinco che la decrescita è una ottima soluzione. Meno è meglio,  questo concetto è ottimo come modello  educativo, sopratutto per i giovani. Corriamo sempre di più, lavoriamo sempre di più, (finchè esisterà un lavoro) alienandoci, e pensiamo che con la possibilità economica infinita possiamo permetterci la "sicurezza" di dire - non ho fatto mai mancare nulla ai miei figli - o, non ho bisogno di nessuno! - ... è proprio vero il contrario. La ricchezza materiale crea infelicità e frustrazione, dato che  nel momento in cui si soddisfa un desiderio, soprattutto materiale, si entra in uno stadio frustrante perchè si è concretizzato cio che si desiderava. Ed ecco che subentrano pubblicità di ogni genere, astute, desideri infiniti, per proiettarci tutti nel consumismo globalizzato senza senso se non quello del profitto fine a se stesso. Lavora, produci, consuma e crepa, fine dell' economia. In alto solo la plusvalenza. La crescita.  Purtroppo ci vorrà molto tempo perchè le masse  capiscano,  o per meglio dire, vedano quali cose sono importanti nella sola vita che abbiamo. La civiltà moderna ha inventato la luce ma non ci "vede" affatto. Devo arrivare a fare una biopsia, che ne so, ad un rene, per capire che la mia esitenza volge inesorabilmente al termine? Non posso vivere meglio prima? Non mi devo preoccupare di morire bene, ma di vivere meglio.  Allora tutto cambia, i pesi, le misure, i colori, le sfumature cambiano di tonalità e ci si rende conto troppo tardi della qualità della propria vita. Un PIL sgonfio può svutare il portafoglio a qualcuno ma gonfia fino ad esplodere di ottimismo e autostima il cuore di qualcun altro. Meno stress e  depressione?  Io credo di si!!
 
Due righe tratte dal libro  "I no che aiutanoa crescere", Feltrinelli 1999 di Asha Phillips, psicoterapeuta infantile:
 
... Spesso i sensi di colpa ci inducono a riempire i nostri figli di cose materiali. Le case di oggi straripano di giocattoli, vestiti, divertimenti. Anche le famiglie più povere, non appena entrano i soldi, si sforzano di dare tutto quello che possono ai figli. (...) Il risultato è che i bambini crescono con l'idea che le cose siano a loro disposizione e debbano essere costantemente rinnovate. Si comportano come se avessero assolutamente bisogno di qualcosa,  facendo leva senza volerlo sul nostro timore di non dar loro abbastanza, che si tratti di cose materiali o di tempo, attenzione, amore. Vogliamo compensarli per quello che ci pare di non aver dato, e diamo loro oggetti.
 Ma così facendo rischiamo di privare il bambino di un'esperienza necessaria. Quando vogliono qualcosa, i bambini hanno la sensazione di averne bisogno. Ma noi come adulti, siamo in grado di discernere e attraverso il nostro atteggiamento anche il bambino impara  a distinguere fra desiderio e bisogno; è importantantissimo che riesca a farlo, perchè rischia altrimenti di essere sempre in balia di sogni estremi, che non potranno mai essere soddisfatti del tutto. L'abitudine a ottenere e a buttar via facilmente, inoltre, priva il bambino dell'idea che esista qualcosa di speciale. Se un giocattolo si rompe, per risparmiagli un dispiacere viene immediatamente sostituito, ma così il bambino non fa l'esperienza di soffrire per la perdita di qualcosa  e di superare poi il dolore. Così i giocattoli non possono assumere un significato emotivo e il bambino non impara ad affezionarsi profondamnete a qualcosa. Ne risente anche il suo senso della realtà, la presa di coscienza che, se si rompe qualcosa, è danneggiato ed è possibile che non funzioni più.
Un'altra conseguenza positiva del fatto di non ottenere sempre quello che si vuole e di sentirsi dire ogni tanto no da un genitore, è la capacità di sopportare uno spazio vuoto.  (...) Se gli spazi vengono riempiti all'istante, non c'é posto per la creatività. (...)  Inoltre, cosa ancora più importante, viene rinforzata la sensazione che uno spazio vuoto sia intollerabile. Stiamo dicendo a nostro figlio che non avere è terribile, che senza soddisfazione è perduto. In fondo gli stiamo trasmettendo l'idea che lui è quello che ha. Se un bambino lega la propria importanza a quello che possiede, la sua immagine di sè sarà sempre a repentaglio. Tollerando di non avere, invece, acquista più fiducia in se stesso e più consapevolezza di essere la persona che è con un suo carattere, che è la cosa più preziosa di tutte, che nessuno gli può togliere. E' questo senso del proprio valore, di essere apprezzati per quello che si è che aiuta a sopravvivere  nei periodi di avversità.
Da adulti ci capiterà di incontrare molte persone ambiziose che non possiedono questa sicurezza.
 
 

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