lunedì 18 marzo 2013

La sfiga non esiste...

Ci vuole una vita per morire e ci vuole un a vita per capirlo (vita intesa come spazio temporale, molto tempo) e poi, quando si muore, ci si rende conto  quali le cose importanti o che si sarebbero dovute ritenere importanti, i rimpianti insomma. Molti mi dicono che sono pessimista e che mi fascio la testa prima di essermela rotta, allora domando a qualcuno: perchè se intendi fare un week-end in una capitale europea, (esperienza  meravigliosa i soldi meglio spesi sono in viaggi, piante e libri), ti prepari un bagaglio con cinquantamila oggetti tra vestiti scarpe e creme? Non ti basterebbero un paio di mutande, un maglione, più quello che indossi, uno zainetto con un libro, più la tua voglia di conoscere? Non ti basterebbero? Mi risponde qualcuno: metti per sfiga che ti si rovescia addosso un caffè, cosa fai? Vai in giro con i calzoni sporchi? Rispondo io: Beh... la foto con i calzoni sporchi di caffè sarebbe bella da vedere, non te la dimentichi più e poi non  ti sembra di fasciarti la testa prima di essertela rotta?
Parlare in vita di morte mi sembra molto terapeutico anche perchè attenua rancori, odio, avidità, bramosia, cupidigia, ansie... è un po' come diffondere  della  musica classica  all'interno  delle metropolitane, è dimostrato, la delinquenza diminuisce e la malvagità lascia il posto a piacevoli sensazioni.
Forse, amore per la vita, amore per la serenità, (vedi il mio precedente post sula serenità)
far finta che la morte non arriverà mai o si spera che sia il più lontano possibile,  è come pensare alla crescita infinita del prodotto interno lordo, il PIL,  si è già morti dentro, questa è avidità, paura di soffrire. Vivere conoscendo la propria mortalità ti lascia sereno dentro... qualcuno un po' meno.
 
Il passato è passato il futuro è un'incognita ma il presente è un regalo! Siamo fortunati e non ce ne rendiamo mai conto!

Suggerisco la lettura di Aquilino, Death Watch, pane e lacrime Lampidistampa.

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